Spesso la messa in pratica dell’arte culinaria porta involontariamente a grandi creazioni. Molte sono le invenzioni di cui ci deliziamo seduti alle nostre tavole, ma raramente ci domandiamo da dove derivino o come siano state realizzate. Qui, spostandoci in terra di Puglia, scopriremo i segreti di uno dei simboli della panificazione locale, riconosciuto ormai in tutto il mondo: i taralli.
Cosa tratteremo
Taralli pugliesi: un po’ di storia
L’origine del nome “tarallo” è incerta. Sembrerebbe derivare da una parola latina che significava “abbrustolire”, che ben si sposa con l’aspetto bruno e croccante. Un’altra corrente di pensiero molto quotata, ne fa risalire l’origine al termine greco “daratos”, che in italiano significa “sorta di pane”.
Ma, aldilà del nome, la cui sola pronuncia rievoca un turbinio di sapori autentici, come sono nati i taralli? Per saperlo bisogna fare un salto indietro nel tempo e tornare al Quattrocento, in cui le carestie erano all’ordine del giorno, soprattutto nelle terre meridionali. La leggenda narra che l’idea venne a una mamma, la quale di fronte alla necessità di placare la fame dei suoi bambini, fece un disperato tentativo di impastare quel poco che aveva a disposizione. Non avendo nient’altro che vino bianco, farina, olio e sale, decise infine di rendere il composto presentabile dandogli la forma di tanti anellini.
L’inconsapevole massaia segnò, senza rendersene conto, la cultura gastronomica pugliese in maniera definitiva. Passando da alimento di “emergenza” le donne locali si adoperarono a riprodurlo fino a renderlo un prodotto casalingo da forno. I taralli sono oggi simbolo di convivialità, da condividere in famiglia e con gli amici.
Non a caso, l’ormai famoso modo di dire sul cibo “finire a taralli e vino” indica proprio la consuetudine di offrire ai propri ospiti tarallucci e vino come segno di amicizia. Non solo, questo motto è legato anche all’abitudine di accompagnare i taralli con un buon bicchiere di vino locale come, per fare un esempio, un calice di primitivo di Manduria. Sembra appunto che l’usanza fosse di intingere il tarallo nel vino proprio come si usa con i cantucci e il vin santo.
Un’altra curiosa leggenda narra che ci fosse chi, seguendo particolari riti, intingesse i taralli in acqua di mare. Purtroppo di questo non sono pervenute attestazioni.
Dal V secolo a oggi i taralli di strada ne hanno fatta tanta, fino ad arrivare alla conquista della denominazione PAT, ovvero Prodotto Agroalimentare Tradizionale italiano.
Oggi se pensiamo ai taralli ci vengono in mente sia la versione salata sia quella dolce, oltre che alla classica forma ad anello. Solo al sentirne pronunciare il nome viene subito da pensare alla classica superficie opaca e liscia e all’inconfondibile consistenza friabile ma croccante.
Il segreto dei taralli: la ricetta
Come abbiamo detto, i taralli sono un alimento dalle origini antiche e povere che ingolosisce grandi e piccini, sia che siano salati, sia che siano dolci. Andiamo dunque a scoprire la ricetta originale dei taralli al vino.
Ci serviranno 250 g di farina da impastare con un cucchiaino e mezzo di lievito per dolci, 60 ml di olio extravergine di oliva, 80 ml di vino rosso e zucchero di canna quanto basta.
Dopo aver lasciato riposare l’impasto per un’ora, che deve avere una consistenza morbida, ma non appiccicosa, andiamo a creare dei cilindri di pasta da tagliare per dargli la forma ad anello tipica del tarallo. Mentre preriscaldiamo il forno a 180°C, passiamo i taralli ancora crudi nello zucchero semolato, facendo attenzione a farlo aderire bene. Inforniamo poi su teglia ricoperta di carta forno per una ventina di minuti circa.
Una volta sfornati e lasciati raffreddare, i nostri taralli saranno pronti per essere gustati accompagnandoli con del buon vino o del liquore casereccio.
Taralli-mania: vari abbinamenti
Grazie a quella mamma quattrocentesca oggi possiamo sbizzarrirci con vari accostamenti.
Quello più classico e che meglio si sposa con i taralli è, come abbiamo detto, con il vino, che può spaziare dal già citato primitivo al Nero di Troia e al Negroamaro. Se, invece, non siete grandi estimatori di vini, i taralli ben si prestano per fare da accompagnamento ad altre pietanze, come ad esempio un bel tagliere ricco di salumi, formaggi e olive. O ancora, nella loro versione dolce, da gustare con il caffè.
Ma non è tutto: oggi i palati più sfiziosi potranno essere deliziati da curiose varianti come i taralli ai funghi, al pepe, alla cipolla, al cacio, alla pizzaiola, alla curcuma e tanti altri gusti gourmet!